L’artigianalità della (mia) pagina
Sono un mozartiano incallito
DOI:
https://doi.org/10.4454/graphos.75Parole chiave:
lingua scritta, buone pratiche scolastiche, patrimonio linguistico italiano, scrittura alfabetica, “cura” linguisticaAbstract
La mia messa in pagina non ha un andamento uniforme dall’inizio alla fine: di solito procede alternando velocità e lentezza, accelerazioni ideative e indugi descrittivi, spinte veloci e frenate improvvise; a pagine che si compilano rapidamente seguono altre che inciampano, faticano a sgorgare, decelerano, stagnano; poi, però, il fluire riparte, e ancora si attenua, a seconda dei contenuti, e non poche volte ristagna nuovamente, per ripartire ancora una volta, e così via. Talora mi sembra di volare tanto è fluido il pensiero che si (ri)specchia sul foglio (il rem tene, verba sequentur), talaltra è «una deliziosa tortura»: mi sento come con una palla di piombo al piede che mi blocca: la penna si inceppa, le idee non camminano, i concetti non lievitano, i sentimenti non si esplicitano. Siffatta modalità linguistica con la quale comunico pensieri, giudizi, riflessioni, interpretazioni, ma anche sensazioni, osservazioni, impressioni, può dunque presentarsi come un tipo di scrittura più diretto, più flessibile e maneggevole o viceversa più sofisticato e più indocile.
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